Di questo angolo di paradiso si sono innamorate molte popolazioni nell’arco dei secoli e ciascuna ha lasciato la propria impronta in questo cammino fatto di tempo.
Il solacium, di epoca medievale, il grande fregio di manifattura araba rinvenuto nei suoi pressi; ma anche il Castello Eurialo, a pochi chilometri di distanza: tutti indizi che ci raccontano la storia che ha attraversato questi luoghi rendendoli testimoni silenziosi dei secoli trascorsi.
L’isolamento della Targia e la sua geologia multiforme
Questo luogo che, a prima vista, potrebbe apparire uniforme, racchiude in sé, invece, molte peculiarità.
I terreni sono prevalentemente calcarei ma estremamente variabili, con mutamenti nell’arco di poche centinaia di metri. Nei pressi della Balza delle mura Dionigiane, spostandosi verso il castello Eurialo, il sottosuolo presenta una percentuale vulcanica derivante da colate laviche di vulcani sottomarini oramai spenti da migliaia di anni. Questa è una caratteristica rara in questi luoghi, che da una parte li connota in maniera molto particolare anche nella produzione dei vini, dall’altra ci racconta una storia geologica inaspettata e invisibile all’occhio dell’uomo.
Questa complessità e ricchezza dei suoli, soprattutto nelle aree alluvionali ricche di sedimenti, l’hanno resa una zona particolarmente votata all’agricoltura e alla viticoltura. La memoria popolare ricorda bene queste terre popolate da contadini intenti a coltivare i vigneti e a lavorare le campagne proteggendole con bassi muretti a secco, incastri di bianche pietre, in un gioco di equilibri frutto dell’esperienza e della pratica.
Purtroppo questo passato agricolo di Siracusa in cui ogni famiglia coltivava il proprio vigneto di Moscato bianco vinificando il proprio vino, si è andato perdendo nel tempo, in una uniformazione delle colture dilagante.
La falda acquifera
La Targia è percorsa da un profondo vallone che raggiunge i 30 metri di profondità e che la isola facendo da spartiacque tra la falda a monte e quella posta a valle, che di fatto rimangono separate.
Le acque che utilizziamo per le nostre colture sono quelle dell’acquedotto Galermi provenienti dal torrente Calcinara di Pantalica e che raccogliamo in grandi cisterne (le gebbie), in un sistema di approvvigionamento sostenibile, senza uso di trivelle, che ci permette di accumularla nei periodi di abbondanza e riutilizzarla in quelli in cui i vigneti e le altre colture necessitano di irrigazione.
La Targia di Siracusa e le primizie
La benefica presenza del mar Mediterraneo non influenza soltanto i vigneti, regalando toni salini ai vini bianchi e rossi, ma regola le temperature di tutta la zona, anticipando la maturazione delle colture in questi luoghi, che sono primizie rispetto alle zone più interne.
Abbiamo il privilegio di vivere ed abitare l’antico Feudo della Targia da generazioni, ce ne prendiamo cura consci che si tratta dell’ultimo polmone verde di Siracusa: un luogo dalla grande bellezza e dalla storia secolare che resiste all’antropizzazione e all’industrializzazione delle zone vicine, mantenendo la propria natura di baluardo selvaggio.