Se è vero che la passione è un elemento essenziale per produrre vini buoni, da sola non basta: occorrono conoscenze tecniche che permettano di valorizzare al meglio il terreno in cui si coltivano i vigneti e, attraverso il giusto connubio tra vitigno e suolo, produrre vini siciliani di qualità, nel pieno rispetto del territorio in cui nascono e di cui si renderanno ambasciatori.
Abbiamo chiesto ad Angelo Intagliata, agronomo e nostro consulente da 30 anni, di raccontarci qualche dettaglio in più sui nostri vigneti di Siracusa, che si sviluppano per circa 12 ettari, in Contrada Targia. Insieme a lui li percorriamo idealmente partendo dal più antico: il Mulino, la culla che ha visto la rinascita del Moscato Bianco di Siracusa, quando negli anni ’70, nostro padre decise di lottare contro la scomparsa di questo nobile ed antico vitigno. Si compone di un terreno prevalentemente calcareo, più sabbioso e con una percentuale minore di sedimenti rispetto a quelli più a nord.
Nel tempo alle viti coltivate qui, si sono aggiunti altri 9 ettari, spostandoci più in alto verso il Castello Eurialo. In questo modo sono 12 gli ettari che abbiamo interamente dedicato al recupero del Moscato Bianco di Siracusa. Una scelta che abbiamo fortemente voluto, non soltanto per proseguire il lavoro di recupero iniziato da nostro padre ma, anche per esplorare le potenzialità di queste uve e declinarle in differenti espressioni che ne valorizzino le diverse peculiarità.
Da questo lavoro di ricerca continuo sono nati i vini bianchi Pupillo, siciliani come noi:
- Cyane, vino adatto ad accompagnare tutto il pasto. Moscato bianco di Siracusa con vinificazione classica;
- con Solacium, abbiamo sperimentato la vinificazione del Moscato Bianco di Siracusa con uve passite, ottenendo un nettare dolce ed intenso ma dal gusto equilibrato;
- Con Podere 27, invece, abbiamo voluto esaltare la freschezza e la giovialità di questo vino, regalando un brindisi dal gusto siciliano con uno spumante Metodo Classico da sole uve di Moscato Bianco di Siracusa.
La geologia della Targia è molto diversa nelle sue zone. A seguito di analisi svolte nei primi anni 2000, è emerso che il terreno sotto la balza delle Mura Dionigiane è di tipo vulcanico; ciò ha spiegato le rocce laviche che è possibile vedere anche sulla superficie del terreno in quella zona.
I geologi ci hanno spiegato che si tratta di emersioni vulcaniche dell’antichità e che sotto le mura del Castello Eurialo potrebbe esserci un antico vulcano sottomarino emerso in seguito ai movimenti della crosta terrestre. Movimenti che, nel corso dei millenni, hanno portato in superficie tutta questa zona, un tempo sommersa dalle acque del Mediterraneo.
I vigneti più vicini alla Balza delle Mura Dionigiane sono leggermente più alti rispetto agli altri: circa 70 m sul livello del mare, il che rende la zona più ventilata. Questa condizione è estremamente positiva per le viti perché la circolazione dei venti diminuisce l’umidità nell’aria, contrastando la formazione di muffe ed il proliferare di parassiti durante tutto l’anno. In queste propizie condizioni di ventilazione, la pianta si mantiene più asciutta anche quando, in primavera, si veste di foglie.
Il vento è, inoltre fondamentale nella delicatissima fase della fioritura. Se si sviluppassero ammuffimenti, i fiori cadrebbero e non si avrebbe allegagione; di conseguenza non si formerebbe il grappolo, vanificando il lavoro di un intero anno.
Rispetto a zone più a sud, come quella di Pachino, dove il terreno è sabbioso, qui abbiamo una percentuale di calcare più bassa, con una componente argillosa che trattiene l’acqua, in una composizione che, poche centinaia di metri più in là cambia ancora: ci sono infatti anche alcune aree alluvionali, ricche di sedimenti, meno presenti nella parte più bassa.
Abitiamo e custodiamo questi luoghi da generazioni, eppure non smettono mai di sorprenderci con scoperte che ci svelano il suo antico passato.
Nel mese di giugno, questo piccolo angolo di paradiso ci ha regalato la gioia di scoprire alcune viti, vicino alla gebbia del nostro più antico vigneto, quello del Mulino. Della loro età non siamo ancora certi ma, di certo, hanno visto molte volte il sole sorgere sulla Targia di Siracusa.